La danza non si fa con le parole

Le impressioni di Carmen D’Angelo

Scritto da Marco Pedullà

Francesca è una bambina di 5 anni sogna di diventare una ballerina di danza classica, e mi chiede se è possibile apprendere le basi che la condurranno a diventare una professionista nel capoluogo della Calabria. Seppur Catanzaro, non offre grandi opportunità per chi ha già delle basi e vuole intraprendere studi accademici professionalizzanti, la risposta che posso dare a questa meravigliosa creatura è certamente positiva. Tra le scuole catanzaresi in cui si può studiare danza classica, una tra le più prestigiose è senza dubbio la “Compagnia Studio Danza”, ubicata nei pressi di Catanzaro Lido. Gli insegnanti hanno alle spalle un elevato background formativo e sono in grado perfettamente di costruire per ogni giovane allievo le fondamenta necessarie per concedergli in futuro di proseguire un percorso professionale nelle grandi accademie italiane o all’estero. Quello che emerge dal dialogo con l’insegnante Carmen D’angelo e con il coreografo Gyula Molnàr è una scoraggiante e triste realtà. I maestri spiegano che per emergere in questo settore, raggiunte le tecniche più fondamentali bisogna guardare fuori dai confini di Catanzaro e della Calabria. 
Proiettarsi in uno dei Centri di formazione riconosciuti a livello europeo, sperando di ottenere una borsa di studio o investire a spese della propria famiglia, perché ogni scuola di prestigio è a pagamento. Le piccole star calabresi conoscono già tutto questo, eppure consapevoli del traguardo difficile, ma non impossibile, con tanta dedizione ogni giorno continuano a fare tesoro degli insegnamenti dei propri maestri. I più bravi aspirano a diventare dei “gladiatori” di una arena immaginaria del ballo, priva di leoni e dove la fatica potrebbe perfino non essere mai ripagata. Eccoli lì, pronti a ruggire per amare questa forma d’arte che è il rischio di un investimento a perdere, di una gloria amara che vale la pena di correre.
Il ballerino di danza classica al di là di svolgere un lavoro artistico, fa un mestiere che dovrebbe avere maggiori riconoscimenti da parte dell’opinione sociale. Oggigiorno, è facile scontrarsi nella tipica ignoranza di sempre più persone che credono che la danza sia un hobby, ma non un mestiere, così come succede per le altre discipline artistiche. In un’era di “frattura” culturale, gli artisti, dagli scrittori ai comici, dagli attori ai cantanti, dai ballerini ai pittori, stanno perdendo la loro credibilità come lavoratori, e per campare al giorno d’oggi sono costretti a inchinarsi alla società consumistica, escogitando una professione che possa mantenerli. In questa epoca in cui la società premia i politici come capaci di svolgere una attività, e soffoca l’estro degli artisti che da sempre nella storia è stato fonte di miglioramento sociale, l’arte è imprigionata in un labirinto di non conoscenza. Essere artisti vuol dire vivere in questo labirinto correndo contro quel Minotauro incosciente, che la gente ha creato. Essere artisti per la maggior parte diventa un sacrificio, non ripagato nel tempo, ma un sacrificio da intraprendere per valorizzare sé stessi e nella speranza di comunicare agli altri, senza aspettative di onerosità. Sperando che la giovane Francesca diventi una futura stella del balletto classico, l’augurio è che i Calabresi come ogni Italiano, possano ridestare dentro il proprio cuore l’amore verso le arti, ce lo impone un passato di alto prestigio culturale e artistico che dobbiamo difendere nel tempo.
L’invito è rivolto alle amministrazioni affinché possano sempre salvaguardare i giovani artisti, fornendo gli strumenti adeguati per promuoverli, per superare ogni difficoltà in modo tale che le porte rimangano sempre aperte per accogliere e premiare chi ha il dono del fattore X.

Seguono le riflessioni e i consigli più salienti tratti dalla conversazione tra l’insegnante, Carmen D’Angelo con il nostro freelance Marco Pedullà…

“La danza non si fa con le parole ” disse Balanchine, ” e niente, di quanto su di essa si possa dire, sostituirà quello che infine si vedrà sul palcoscenico “. Imparare a danzare significa capire le proprie capacità creative, utilizzare una disciplina piegandola ai propri desideri espressivi.
E’ un’esperienza individuale unica, ricca di volontà e di amore.
Chi desidera accostarsi alla danza classica, deve affrontare la scelta della scuola, inoltrandosi in una vera e propria giungla, dovuta al proliferare indiscriminato di corsi, non sempre tenuti da insegnanti qualificati. 
La scuola di danza deve essere per l’allievo un vero patrimonio formativo, che gli assicuri il corretto sviluppo fisico e che, con la cosciente applicazione didattica del programma di studio e la disciplina, lo educhi nel corpo e nella mente, coltivandone il senso artistico ( vera anima della danza ) e avviandolo a una crescita culturale che rimanga al di là del risultato professionale.
Un ruolo molto importante avrà l’insegnante, che dovrà essere il più qualificato e preparato possibile sia dal punto di vista tecnico che da quello teorico.
Purtroppo sono molti quelli che si improvvisano insegnanti e a farne le spese sono gli allievi che ne avranno il fisico irrimediabilmente danneggiato, perché costretti in posizioni scorrette e imprecise, messi sulle punte in età prematura con conseguenze dannose sulla crescita ossea e articolare degli arti inferiori e della colonna vertebrale. L’insegnante deve avere la padronanza di un programma di studio che vada di pari passo con l’età dell’allievo ed essere in possesso di un metodo e di una didattica ben precisi. Inoltre, fondamentale nel rapporto con l’allievo è che l’insegnante conosca la pedagogia e la psicologia dell’età evolutiva. 
Un approccio ludico alla danza si può affrontare già verso i quattro o cinque anni, dai sei ai nove anni si parla di propedeutica, ossia di preparazione fisica e psicologica finalizzata all’acquisizione di capacità tecniche che diventeranno tali con l’inizio dello studio della tecnica della danza vera e propria a partire dai nove anni.

IL TALENTO
Il talento non è altro che il frutto di tanto allenamento, dovuto ad una passione duratura! Sappiamo bene che man mano che ci si esercita in qualcosa si diventa sempre più bravi: forse è veramente questa l’unica differenza fra chi ha talento e chi no. Ecco cosa ne penso io. Potenzialmente tutti potremmo diventare sia un eccellente filosofo, che un grandissimo matematico, che un fantastico artista. Bisogna solo impegnarsi abbastanza. L’unica domanda che ci si deve porre è: cosa ci piace fare? Il talento può solo farci migliorare velocemente all’inizio e farci arrivare un pelino più lontano alla fine, tutto il resto viene dalla passione e dal sacrosanto impegno.
E’ solo con l’impegno che si può arrivare all’eccellenza. il talento o la predisposizione per una particolare abilità dipende dal grado di sacrificio e perseveranza che decidiamo di impiegare per quello che vogliamo fare… 
La voglia, l’entusiasmo, la testardaggine e il metodo, possono superare qualsiasi predisposizione genetica o “talento”. Anche possedendo un grande talento o predisposizione naturale, non sarà possibile raggiungere la meta, per questo e per trasformare la passione in professione, sono indispensabili: la capacità di concentrazione, il senso della disciplina, un duro lavoro, sacrificio, perseveranza, determinazione, costanza, tanto coraggio e tenacia ed una buona volontà in una grande apertura di spirito. 
Perché quella del danzatore è una vita impegnativa, sia a livello fisico che psicologico. La disciplina non riguarda solo le ore di allenamento quotidiano, ma anche lo stile di vita, che deve essere necessariamente molto regolare. Naturalmente tutto ciò si esaurirebbe in un semplice insieme di competenze se non ci fosse il talento, che per quanto mi riguarda è quella intuizione dei movimenti espressa con un sentimento che ha la capacità di arrivare ed emozionare il pubblico.
Come se tutto ciò non bastasse, Carlo Blasis, grande figura di teorico e didatta della danza, affermava che le qualità indispensabili ad una grande ballerina o ballerino sono fermezza ed equilibrio, disinvoltura e naturalezza, spirito di osservazione acuto e mente analitica, culto del bello, conoscenza del metodo per distinguere i diversi tipi di danzatori e danzatrici nonché la coscienza dei propri limiti, l’interesse e la partecipazione allo studio di un balletto affinché il danzare non risulti mai una meccanica ripetizione di sequenze corporee, lo studio del disegno e della musica. Sicuramente, però, non tutti potranno, o vorranno pensare ad una formazione professionale, ci sarà anche chi, lasciando da parte l’eventualità di diventare una stella, intraprenderà lo studio della danza per puro diletto, o meglio ancora per una importante formazione personale (non solo fisica), in ogni caso il rispetto per lo studio della danza sta a significare una scelta e quando si sceglie qualcosa bisogna rispettarla!
Per coloro che sperano di poter vivere la danza in modo professionale, c’è da dire semplicemente ” pensateci bene “. Bisogna considerare il proprio fisico, le capacità mentali, la necessità di lasciare la propria città, se non il proprio Paese, e soprattutto non sognare di diventare ballerini o ballerine in un breve tempo. Uno studio qualificato dal punto di vista professionale deve essere prevalentemente svolto nelle grandi accademie, in Italia o all’estero.
Lo studio accademico è il percorso che più di tutti garantisce un’occupazione professionale di alto livello spesso in compagnie o corpi di ballo all’estero (in Italia i corpi di ballo stabili ormai non sono più di sei sette, con un organico fisso ridotto all’osso). E’ uno studio pluridisciplinare, quotidiano, che permette agli allievi di diventare veri artisti completi.

Per quanto riguarda il rapporto con le Amministrazioni catanzaresi il nostro è minimo, siamo sempre a scuola, lavoriamo dalle dieci alle dodici ore al giorno ed è molto difficile, in questo modo, relazionarci con le Istituzioni, tra l’altro, metti un po’ di sfiducia nell’attendere ciò che verrà?…
La situazione non è per niente rosea in Italia, figuriamoci da noi! Purtroppo, non vorrei dire ma da decenni in generale di danza in Italia ci se ne occupa poco e male, ci vorrebbero le persone giuste al posto giusto. Questo è il nostro vero handicap rispetto agli altri Paesi ( come in tanti settori c’è bisogno di più meritocrazia e meno raccomandazioni ), Paesi in cui gli incarichi più importanti sono affidati realmente ai grandi professionisti della danza. Non abbiamo neppure un Ministero dello Spettacolo ma solo un Dipartimento. Manca personale qualificato e quello spirito di équipe che è indispensabile per produrre rinnovamento, non ci sono criteri, non ci sono regole, solo poche realtà positive che continuano a crederci e lavorare tra enormi difficoltà burocratiche e finanziarie.
Per quanto ci riguarda come professionisti e nel nostro piccolo , essendo cresciuti ed invecchiati nel mondo della danza, (come Gyula, il nostro direttore artistico, cresciuto ed invecchiato in teatro, da giovane allievo a ballerino, ad affermato e ricercato solista a Maitre e Professore Coreografo, gli è stata persino conferita l’onorificenza di Cavaliere della Cultura ), non ci fermiamo, perché crediamo fermamente nella valenza di quest’arte e continuiamo a lavorare seriamente e coscienziosamente per i nostri ragazzi. Ci autofinanziamo per effettuare spettacoli, stage, conferenze, cerchiamo di creare sempre maggiori iniziative di confronto con altre realtà artistiche e didattiche Nazionali ed Internazionali per stimolare e far conoscere i nostri allievi.
E soprattutto continuiamo a fare cultura perché la cultura è l’identità di un popolo e senza identità nessuno di noi potrà lottare, sognare, credere, crescere! Come ben sai, fare cultura, la vera Cultura non porta gloria, non porta danaro, spesso non sempre si viene capiti, ma non importa poiché attraverso la danza, un’arte come ancor prima una disciplina maestra di vita, vediamo crescere i nostri ragazzi, diventare adulti ricchi di sentimenti, bellezza e autenticità.